Stonewall significa rivolta qui e ora

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Cosa condividono le ribellioni queer del 1969 con le proteste per George Floyd del 2020

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“Stonewall è stata una rivolta.” Nei 51 anni trascorsi dalla rivolta allo Stonewall Inn di New York City in cui il movimento per la liberazione delle persone LGBTQ+ fu catapultato nella coscienza pubblica, questa frase è diventata un cliché. Sì, è stata una rivolta - ma di che tipo ? Nell’anniversario della leggendaria ribellione queer, molti di noi stanno riflettendo su come le odierne lotte contro la Polizia e contro la supremazia bianca si colleghino alle rivolte passate. Diamo un’occhiata a ciò che accomuna Stonewall e le rivolte di Justice for George Floyd e a cosa ci insegnano su come favorire la resistenza all’oppressione.

Quest’immagine è stata offerta da Gilead Pharmaceuticals, Hilton Hotels e Bacardi Rum (no, davvero – guarda tu stesso .)


Quindi che tipo di rivolta è stata quella di Stonewall?

Stonewall fu una violenta rivolta contro la Polizia. Fu una rivolta in cui queer furibondi cercarono di ferire gli agenti e di dar loro fuoco nel corso di combattimenti per mantenere il territorio in strada. Non fu un’espressione dignitosa, militante e organizzata del “linguaggio degli inascoltati.” Fu una violenta e caotica esplosione di rabbia contro l’istituzione responsabile di infliggere tanta crudeltà e sofferenza alle persone queer della città.

Secondo i loro stessi registri , la prima notte dei disordini, almeno quattro agenti del NYPD rimasero feriti. I dimostranti accesero dei fuochi nei bidoni della spazzatura, dipinsero graffiti, scagliarono mattoni e bottiglie contro i poliziotti, gettarono immondizia nelle strade e distrussero un parchimetro. Per ogni “manifestante pacifico” di oggi: se continui a sostenere che la protesta violenta è sempre controproducente, la storia queer non è dalla tua parte.

Fu una rivolta multirazziale e senza leader. Non ci furono “ richieste .” Gli eventi non furono patrocinati da nessuna organizzazione. Le dichiarazioni odierne secondo cui Stonewall fu “guidata” da donne trans nere o da altre categorie di genere specifiche, per quanto ammirevoli nei loro sforzi per porre rimedio alle esclusioni storiche, non riescono a cogliere la qualità fluida e senza leader delle rivolte. Mentre circolano infinite polemiche su chi lanciò il primo mattone o sui dati demografici precisi dei partecipanti, le prove che ricaviamo dalle foto e dai resoconti dell’epoca chiariscono una cosa: fu un violento attacco contro la Polizia, condotto da un gruppo multirazziale di giovani queer, soprattutto di sesso maschile assegnato alla nascita ma dalle svariate sfumature di genere, privo dell’approvazione o della direzione di alcun gruppo. I radicali politici vi parteciparono ma la maggior parte delle persone nelle strade erano queer arrabbiati senza alcuna devozione particolare a organizzazioni o ideologie, stanchi della repressione di cui erano vittime ogni giorno.

Gli autoproclamati “leader della comunità” della Mattachine Society di New York criticarono le rivolte. Nel tentativo di far rinsavire i ribelli, collocarono un cartello sullo Stonewall Inn distrutto:

“Noi omosessuali imploriamo la nostra gente di aiutare a mantenere un comportamento pacifico e calmo nelle strade del Village.”

Da notare l’uso precoce delle tattiche controinsurrezionali basate sull’identità. La “nostra” gente?

Perché il Mattachine - il gruppo per i diritti degli omosessuali più attivo della città in quel momento - voleva evitare i conflitti con la Polizia? In parte, perché erano anni che stava impegnandosi in trattative con il NYPD, sperando di frenare i tentativi degli agenti della buoncostume di incastrare uomini che cercavano di far sesso con altri uomini. Va però rinosciuto che i loro sforzi contribuirono a ridurre sostanzialmente alcune forme di molestie anti-queer da parte della Polizia. Allo stesso tempo, si erano affermati come mediatori e rappresentanti della comunità gay rispetto alla Polizia - e ora il potere che avevano costruito era minacciato da queer ingovernabili e indignati che si rifiutavano di negoziare.

Stonewall fu una rivolta giovanile. I giovani radunatisi all’interno e intorno al bar - molti dei quali truffatori o prostitute, molti dei quali senzatetto o con un alloggio precario - erano alcuni dei queer presi di mira in modo più aggressivo dalla Polizia e maggiormente sfruttati dall’industria dei locali gestiti dalla Mafia e da queer più anziani e più ricchi. Il New York Times si riferì alla seconda notte di rivolte con il titolo “Police Again Rout ‘Village’ Youths” (“La Polizia contro le rivolte dei giovani del ‘Village’”), e la maggior parte degli osservatori commentò quanto fosse giovane la maggior parte dei combattenti. Come nelle rivolte odierne, i giovani che non avevano nulla da perdere, che non erano frenati dai tentennamenti o dai trascorsi dei propri genitori, furono quelli che portarono avanti la lotta.

I ragazzi stanno bene.

Stonewall fu divertente. Le drag queen si misero in linea di fronte ai poliziotti e iniziarono a ballare il can-can davanti a loro. I manifestanti correvano, flirtavano, si accampavano, provocavano gli agenti, cantavano e, in genere, si godevano l’atmosfera esaltante della resistenza condivisa. La cultura della sfida giocosa che i giovani queer di strada avevano sviluppato nel corso degli anni fu un elemento integrante delle rivolte, che consentì loro di superare paura e violenza e di esprimere la propria rabbia.

Esistono quindi importanti punti in comune tra le ribellioni di oggi e il potente stimolo scaturito dalle rivolte di Stonewall avvenute mezzo secolo fa. Sia il movimento di liberazione degli omosessuali a partire dal 1969, sia i movimenti di Black Lives Matter degli ultimi anni sono esplosi nella coscienza pubblica in seguito alle sollevazioni contro la Polizia - non proteste pacifiche, non costruzione di organizzazioni, non “conquista di cuori e menti,” non mobilitazione di “alleati.” Le caratteristiche condivise da queste due rivolte e le circostanze che le hanno provocate offrono utili spunti per i ribelli sociali di oggi.


La rivolta può funzionare laddove la protesta pacifica non riesce.

La cosa sorprendente sia del raid presso lo Stonewall Inn sia dell’uccisione di George Floyd è che entrambi gli eventi erano del tutto normali. Incursioni, molestie, violenza e arresti di massa di persone queer erano comuni negli Stati Uniti del 1969; la violenza contro le persone nere e gli omicidi della Polizia sono eventi tragicamente comuni negli Stati Uniti di oggi. Queste esplosioni non hanno avuto luogo perché le ingiustizie che le hanno provocate erano eccezionali. Né la società etero del 1969 né quella bianca del 2020 hanno improvvisamente preso atto della violenza omofobica e razzista della Polizia perché qualcosa è cambiato nella violenza stessa.

Agenti che picchiavano i giovani omosessuali erano all’ordine del giorno. La novità consisteva nel fatto che reagissero.

E nessuna di queste rivolte è stata la prima in cui gli attivisti hanno manifestato contro l’ingiustizia in questione. Nella New York del 1969, erano anni che gli attivisti stavano lavorando per ridurre le molestie dei poliziotti; piccole proteste contro le molestie da parte della Polizia nei confronti degli omosessuali avevano cominciato ad aver luogo in altre città. Allo stesso modo, è da anni che negli Stati Uniti quelle contro la violenza della Polizia razzista scoppiano regolarmente .

Cos’è cambiato? Sia nei disordini di Stonewall sia nelle dimostrazioni di Justice for George Floyd, la differenza rispetto al passato sta nel fatto che i manifestanti hanno iniziato a usare tattiche che hanno sconvolto la Legge e l’ordine, la rispettabilità, la non violenza e il permesso delle autorità. In tal modo, stavano violando le norme stabilite dalla società in generale e dai propri movimenti. Solo combattendo fisicamente contro i poliziotti di New York e di Minneapolis i rivoltosi sono riusciti a costringere chi detiene il potere a dare priorità alle loro rimostranze. Solo affrontando efficacemente i poliziotti con la forza hanno ispirato la resistenza ribelle diffusasi come un incendio in tutto il Paese, cambiando in modo permanente il contesto in cui gli americani vedevano la vita di omosessuali e neri.

I movimenti multirazziali senza leader sono potenti.

Nell’arco di una settimana dall’assassinio di George Floyd, proteste di solidarietà hanno avuto luogo in tutti e 50 gli Stati Uniti e, poco dopo, in oltre 50 Paesi in tutto il mondo . Ciò è avvenuto grazie all’iniziativa autonoma d’innumerevoli persone comuni, molte delle quali non erano legate a organizzazioni formali e a reti di attivisti, che volevano dare sostegno ai ribelli di Minneapolis e contestare il razzismo e il potere della Polizia a livello locale. In molti posti, più manifestazioni hanno avuto luogo nello stesso giorno, consentendo alla gente di partecipare quando e dove poteva e di scegliere le tattiche preferite, il grado di rischio e l’inquadramento politico. Questa decentralizzazione e l’assenza di una leadership formale ha massimizzato la partecipazione e minimizzato il rischio di repressione coordinata mentre innumerevoli forme di resistenza sono emerse dall’idra a più teste del movimento.

Ciò riflette la proliferazione delle diramazioni del Gay Liberation Front (Fronte di Liberazione Omosessuale) che si diffusero in tutti gli Stati Uniti in seguito alle rivolte di Stonewall. Nel 1969 e nel 1970 nacquero letteralmente centinaia di gruppi, parecchi in posti dove non era mai esistita alcuna organizzazione omosessuale; anche se molti ebbero vita breve, aiutarono a radicalizzare un’intera generazione di giovani gay e lesbiche, espandendo esponenzialmente la visibilità della comunità e le forme di attivismo che stavano emergendo da essa. Laddove le organizzazioni nazionali sono emerse gradualmente negli anni Settanta e Ottanta, reindirizzando l’energia di base verso attività di lobby e campagne politiche centralizzate, il movimento LGBTQ+ è rimasto ostinatamente decentralizzato con una gran quantità di differenze locali e opportunità per la partecipazione popolare ovunque.

Nel giro di un anno dalle rivolte di Stonewall, molti partecipanti al Gay Liberation Front frustrati dal radicato atteggiamento sessista, anti-trans* e razzista che avevano incontrato nei nuovi gruppi, si separarono per formare organizzazioni queer lesbofemministe, trans* e/o terzomondiste/per persone di etnie specifiche. Nell’epoca contemporanea della politica intersezionale, sempre più persone riconoscono e danno la priorità a questi problemi; le organizzazioni LGBTQ+ in particolare stanno mettendo in evidenza e polarizzando le lotte nere e quelle di altre persone di colore. Il movimento Black Lives Matter ha appreso dalle critiche delle precedenti lotte di liberazione dei neri, integrando nella propria organizzazione un focus su genere e sessualità e sulle differenze intracomunitarie, rafforzando così in modo inestimabile le manifestazioni.

Laddove parecchi osservatori hanno notato il carattere multirazziale delle dimostrazioni in tutti gli Stati Uniti a partire dall’assassinio di Floyd, persistono importanti disaccordi su come comprendere le dinamiche tra i partecipanti con una posizione diversa rispetto alla supremazia bianca e alla violenza contro i neri. Sia come “alleati” o come complici , come seguaci della leadership nera o come ribelli autonomi in cerca della propria liberazione, i manifestanti bianchi e altri non neri dovrebbero cercare di instaurare relazioni di fiducia durature con i ribelli neri mentre sviluppiamo nuovi modelli di lotta.

I giovani stanno prendendo il comando.

Le rivolte di Stonewall e Justice for George Floyd sono state favorite dalla diffusa partecipazione di giovani radicali che hanno agito soprattutto al di fuori dei canali preferiti da attivisti e pezzi grossi più anziani. Anche oggi, dovremmo concentrare l’attività dei giovani ribelli, cercando di sostenere le loro iniziative anziché tentare di dirigerle o controllarle. Le vecchie generazioni con più esperienza nell’ambito della protesta possono offrire competenze e risorse preziose provenienti dalle tattiche di strada e dalle misure di sicurezza ai collegamenti per le cauzioni. Ma le risposte che abbiamo visto provenire dagli “anziani del movimento” a entrambe le rivolte mostrano che molti di loro cercheranno di rallentare il movimento e reindirizzarlo verso politiche convenzionali che ne regolarizzino la leadership - se glielo permettiamo.

La resistenza deve essere gioiosa.

Le proteste per Floyd sono ampiamente mutate per caratteristiche e tono ma, come indicano molti racconti , c’è un’atmosfera diffusa di sfida giocosa e appassionata che va di pari passi con lutto e rabbia. Musica e danza hanno svolto un ruolo fondamentale nella costruzione del coraggio e dell’energia della folla, mentre l’umorismo tagliente della cultura dei meme ha ispirato cartelli creativi e contribuito a diffondere i messaggi del movimento. Attingendo al ruolo fondamentale ricoperto da musica e cultura nel corso dei secoli delle lotte per la libertà dei neri e facendo propria l’innovativa fusione di arte ed estetica queer all’avanguardia di ACT-UP e di altri movimenti più recenti, queste dimostrazioni si avvalgono di una lunga tradizione di gioiosa resistenza al potere.


Ora e allora.

50 anni di commemorazione dei tumulti di Stonewall

Oggi ricorre il cinquantesimo anniversario delle prime marce in commemorazione della resistenza dei rivoltosi queer a Stonewall. Il “Christopher Street Liberation Day” di New York - il termine più depoliticizzato “Pride” ha attecchito solo anni dopo - e i suoi omologhi a Los Angeles, Chicago e San Francisco segnarono l’avvento di una tendenza che ora attraversa il globo. La commercializzazione dei festival Pride™ aziendali è stata duramente criticata dai queer radicali in ogni fase del processo. Ma laddove i sentimenti anticapitalisti, sebbene diffusi, non erano alla base dell’impostazione del Liberation Day o delle marce per il Pride in molti luoghi, resistere alla Polizia è sempre stato un aspetto essenziale di questa storia. Mentre le sfide anticapitaliste nei confronti del Pride aziendale continuano, la lotta contro la Polizia s’intreccia alle radici stesse della nostra storia collettiva, sottolineando le contraddizioni dei Pride negoziabili e strabordanti di sbirri.

Non solo orgogliosi, ma ribelli.

Dall’avvento del movimento Black Lives Matter a seguito della rivolta di Ferguson, conflitti sulla presenza della polizia sono scoppiati ai Pride di Toronto , Columbus e in molte altre città. L’anno scorso, in occasione del cinquantesimo anniversario delle rivolte di Stonewall, i manifestanti di San Francisco hanno interrotto la parata in segno di protesta contro l’inclusione della polizia , mentre a New York “ Reclaim Pride ,” un imponente corteo di liberazione queer non autorizzato, ha offerto un’alternativa radicale alla parata tradizionale satura di sbirri del NYPD. Quest’anno a San Francisco , Miami, Chicago , New York e molte altre città, gli organizzatori LGBTQ+ protestano, non fanno festa, in solidarietà con Black Lives Matter. Rifiutando esplicitamente i permessi della Polizia e qualsiasi altra forma di collaborazione con le forze dell’ordine, questi episodi evidenziano la storia antipoliziesca dell’evento. Quando un coordinatore bianco di Christopher Street West ha richiesto uno di tali permessi per una marcia in “solidarietà” con Black Lives Matter nel corso della pianificazione del Los Angeles Pride, l’organizzazione è stata costretta a ritirare la domanda a causa del clamore suscitato e a ritirarsi dalla preparazione.

Mentre Stonewall ottiene il massimo dalla stampa grazie alla tradizione del Pride che contribuì a lanciare, altre rivolte della comunità omosessuale - come quelli della Cooper’s Donuts a Los Angeles e della Compton’s Cafeteria a San Francisco - offrono lezioni importanti per le lotte di oggi. La rivolta più significativa nella storia del movimento di liberazione omosessuale degli Stati Uniti a partire da Stonewall ebbe luogo il 21 maggio 1979, quando l’ex poliziotto e politico Dan White fu condannato solo per omicidio colposo dopo aver ucciso l’attivista e politico gay Harvey Milk e il sindaco di San Francisco George Moscone. Migliaia di rivoltosi gay combatterono contro la Polizia, diedero fuoco alle macchine degli agenti e attaccarono il municipio di San Francisco. Dopo le “White Night Riots,” come divennero note, un cronista anarchico gay valutò in modo tranchant il cammino che avrebbe dovuto essere seguito:

Il fatto che una Nazione Stonewall recentemente riforgiata sorgerà o meno dalle ceneri delle auto della polizia in fiamme dipende dalle persone gay, non dai loro “leader” autoproclamati. Il “White Monday” ha cristallizzato le situazioni: è stata tracciata la linea di demarcazione. Ci si può schierare con i cosiddetti “rivoltosi” o ci si può schierare con la Polizia, ma non c’è una via di mezzo. Una battaglia infuria in tutto il Paese, ed è in corso da anni: una dura, silenziosa battaglia in gran parte non riconosciuta se non dalle sue vittime, senza pubblicità se non quando esplode allo scoperto com’è accaduto il 21 maggio. Da una parte c’è lo Stato e dall’altra parte c’è la comunità gay.

Scegliete da che parte stare.

Siiiiì, regina!

Fino a poco tempo fa, sembrava che gran parte della comunità LGBTQ+ avesse scelto la strada dell’assimilazione, collaborando con lo Stato a spese dei suoi membri vulnerabili e di tutte le vittime dell’oppressione razziale. Ma i conflitti relativi a Polizia e Pride degli ultimi anni, che si sono conclusi questo fine settimana nell’ambito del COVID-19 e delle proteste per Floyd, indicano una spaccatura profonda e crescente e la possibilità di una trasformazione radicale. Forse le persone queer di oggi, ispirate dal coraggio di Black Lives Matter e dal ricordo della nostra storia tumultuosa, sono pronte a riconsiderare quella scelta.

Questa volta, scegliamo la parte giusta.

Da Stonewall al Terzo Distretto di Minneapolis: fanculo la Polizia per sempre.

  • alcuni anarchici queer

    Stonewall fu una rivolta… ora abbiamo bisogno di una RIVOLUZIONE!

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